Ieri sera, lo spettacolo al Teatro Bonci ha anticipato gli eventi – numerosissimi – che, a partire dal 25 novembre, accompagneranno la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un appuntamento che ogni anno richiama istituzioni, associazioni e cittadini a un confronto necessario su ciò che ancora non funziona nella protezione delle persone più vulnerabili e che proseguiranno per 16 giorni, culminando nella giornata dei diritti umani.
Eppure gli anni di fine ‘900 sono stati caratterizzati da un’unica grande rivoluzione: la rivoluzione femminile, una stagione di trasformazione profonda che ha ampliato diritti, consapevolezze e spazi di autodeterminazione.
Ornella Vanoni, con la sua voce libera e la sua indipendenza artistica, è stata uno dei simboli più evidenti di quel cambiamento.
Oggi, guardando a quel decennio, è inevitabile chiedersi quanto di quella evoluzione sia stato davvero consolidato.
Il discorso di Catherine Dunne al festival “La bellezza delle parole”
In questo clima di riflessione si inserisce l’intervento di Catherine Dunne, grande scrittrice irlandese invitata al festival La bellezza delle parole di Cesena
Dunne ha evocato la memoria delle molte donne che hanno perso la vita a causa della violenza maschile, offrendo un contributo umano e culturale di forte intensità.
Successivamente, ha richiamato alcune dichiarazioni del ministro Giuseppe Valditara, riportandone una parte in forma estrapolata rispetto al discorso complessivo.
Questa scelta ha introdotto un cambio di registro che ha spostato l’attenzione verso un piano politico, lasciando ai margini l’analisi delle dinamiche sistemiche che alimentano la violenza e le sue conseguenze.
Il nodo centrale: la violenza che non viene vista
Il dibattito pubblico si concentra comprensibilmente sui femminicidi e sulle tragedie che scuotono l’opinione pubblica. Tuttavia, esiste un ambito altrettanto cruciale, spesso ignorato: quello delle persone che chiedono aiuto prima, quando la violenza è ancora prevenibile.
Troppe denunce vengono:
– archiviate,
– sottovalutate,
– interpretate come semplici conflitti familiari.
Questa forma di violenza istituzionale non fa notizia, ma è decisiva: rappresenta infatti il punto in cui lo Stato può – o potrebbe – fermare la violenza prima che diventi irreparabile.
Le criticità del sistema di tutela
Il sistema di protezione mostra limiti strutturali che richiedono una visione più ampia e coordinata:
- I centri antiviolenza svolgono un ruolo essenziale di ascolto e accoglienza, ma dispongono spesso di risorse limitate e strumenti insufficienti per l’accompagnamento legale.
- Gli avvocati, pur presenti in numero elevato, si trovano ad affrontare costi, complessità e un riconoscimento istituzionale non sempre adeguato.
- La mancanza di coordinamento tra servizi sociali, autorità giudiziarie e forze dell’ordine indebolisce la capacità di valutare tempestivamente il rischio e di garantire protezione effettiva.
Di conseguenza, la tutela dipende più dal caso che da un sistema solido, accessibile e affidabile.
Il contributo di Xlina – Osservatorio Permanente
Per rispondere a questa mancanza di ascolto e di dati reali, Xlina – Osservatorio Permanente avvia una raccolta di testimonianze anonime di violenza subita, con l’obiettivo di far emergere ciò che troppo spesso resta nascosto. ( mail osservatorioxlina@gmail.com)
Dal 25 novembre al 10 dicembre 2025 l’ osservatorio ad un anno dalla sua nascita, chiede a tutti di inviare una mail con almeno una storia, alcune di queste testimonianze – rigorosamente anonime e prive di elementi riconoscibili – saranno condivise pubblicamente per:
- restituire dignità a storie che non trovano spazio,
- accrescere la consapevolezza collettiva,
- individuare criticità del sistema,
- proporre modelli concreti di intervento alle istituzioni.
Le testimonianze non pubblicate verranno utilizzate per un lavoro continuo di analisi, volto a supportare proposte operative e riforme necessarie.
Chi desidera contribuire può inviare la propria esperienza in forma totalmente riservata.
Ogni storia è un tassello essenziale per comprendere e migliorare.
Una domanda necessaria
Alla luce di tutto questo, la domanda che sorge spontanea è inevitabile:
nel 2025 esiste davvero la volontà concreta di eliminare la violenza contro i più deboli e di garantire diritti umani pienamente rispettati?
La volontà si misura nei fatti, non nelle ricorrenze.
Si misura nella capacità di ascoltare, nel proteggere, nel coordinare, nel riformare.
Si misura nella scelta quotidiana di prendere sul serio il dolore di chi chiede aiuto.
Se il 2025 vuole essere un anno di svolta, dovrà dimostrarlo con azioni reali.
Non solo parole.



