Dobbiamo risalire al 1785 quando Maria Antonietta diede a Versalilles un gran ballo in onore di Jean-Francoise Laperouse, appena incaricato dal Re Luigi XVI di esplorare le coste americane ed asiatiche del Pacifio settentrionale, e che in quell’occasione s’era presentata con uno strano ornamento sul capo: il modellino in cartapesta, quarantatré centimetri di lunghezza per sedici di larghezza e trentadue d’altezza, della Belle Poule. La fregata con cui Laperouse era stato per anni al servizio del Re.
L’acconciatura aveva avuto un’enorme successo, col nome di Coiffure Belle Poule, o Coiffure Marie Antoniette, aveva invaso i salotti d’Europa e a Firenze il famoso parrucchiere Gasparo Filistrucchi la eseguiva così bene che lo chiamavano anche a Venezia, città dove esistevano più di ottocentocinquanta parrucchieri da signora.
La Belle Poule era infatti difficilissima.
Lo era in quanto non si poteva farla con una parrucca: date le dimensioni e il peso del modellino, la parrucca cadeva o finiva a sghimbescio. Perché il tutto tenesse ci volevano i capelli veri mischiati a posticci di mezzo metro, e questo richiedeva una bravura fuori dal comune. Lo si capisce dalle istruzioni contenute nei testi dell’epoca: ” Dividere i capelli con una riga che girando intorno alla sommità della nucca vada da tempia a tempia, lasciar penzolare le ciocche frontali e laterali, creare sul davanti una seconda riga perpendicolare alla prima e di tre centimetri circa. Intrecciare i capelli del cocuzzolo, costruire con essi una base e appuntarvi il sostegno di ferro detto castelletto. Unire le ciocche posteriori a posticci, avvolgerle intorno al castelletto, piazzarvi il veliero. Prendere la metà delle ciocche laterali e portarle a prua con un’ampia voluta, a poppa con una voluta stretta.
Inanellare orizzontalmente l’altra metà tre boccoli a destra e tre boccoli a sinistra con questi mascherare la chiglia …”
Poi bisognava tirar su le ciocche frontali, arricciarle a spuma e incipriare, laccare, rinforzare la stabilità dell’insieme con nastri di seta e perle, infine drappeggiare veli azzurri o verdolini in modo che imitassero le ondate: dieci ore di lavoro a dir poco. E, concluso il lavoro, incominciava il martirio della poveretta che portava in testa il marchingenio. Guai a voltarti a scatto, guai a chinarti, guai a stenderti, guai a non camminare con estrema lentezza a non tenerti intirizzita e più dritta di un palo!
Tante le dame che andarono in sposa con quest’acconciatura, spesso per evocare la nave in cui il marito prestava servizio, o in cui si erano conosciuti.
Chissà, magari un giorno vedremo una sposa con un trabucco nell’acconciatura, ma questa è un’altra storia!belle-poule
……. #garganoinlove
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